IL FUTURO È NELL’INCONTRO TRA L’EUROPA TECNOSCIENTIFICA E L’ORIENTE. Intervista a Riccardo Tennenini
Riccardo Tennenini, 28 anni, è un giovane studioso italiano che ha già pubblicato testi interessanti come “Pan è morto e noi lo abbiamo ucciso” e che ora propone un romanzo distopico “Europa Nostra” (sempre per le edizioni Ritter) che, letterariamente, scruta il destino dell’Occidente in un tempo di crisi. Ha in programma la traduzione di un classico dell’India: i Vishnu Purana (VI libro). Il filo d’oro di una riflessione di fondo attraversa le sue opere…
Qual è la tua tesi di fondo?
La mia tesi di fondo è ispirata da due autori: Plutarco e Spengler. Plutarco in un’opera intitolata Fato e Superstizione sosteneva che nella sua fase originaria ed elevata (quella che Spengler chiamerebbe la Kultur), la civiltà è consapevole di avere un destino; nelle fasi di decadenza in luogo del destino prevale la superstizione: è ciò che accade nel mondo antico quando si afferma il cristianesimo e gli oracoli diventano muti. In riferimento a questa fine Plutarco parla della morte di Pan. A distanza di duemila anni Nietzsche dice “Dio è morto, noi l’abbiamo ucciso”, riferendosi al Dio della tradizione cristiana. Quindi anche nel nostro tempo un ciclo di civiltà si chiude. Dopo la rivoluzione industriale e la rivoluzione francese la società si è secolarizzata e ha perso la sua forma religiosa esattamente come era successo al mondo pagano duemila anni prima.
E tuttavia dopo “la morte di Pan” ci sono state le cattedrali gotiche, il grande pensiero medievale e rinascimentale, lo sviluppo del pensiero moderno. Realtà notevoli…
Sì, accade ciò che ha spiegato Heidegger per il quale l’Essere dopo la fase aurorale va incontro a una fase di oblio, di nascondimento e quando l’Essere si ritrae gli uomini pensano agli Enti, perdendo il riferimento all’Essere puro. È ciò che è accaduto all’Occidente dove l’Essere si è manifestato in tutto il suo splendore nella civiltà classica di impronta indo-europea poi si è ritratto con la fine di quel mondo (“la morte di Pan”), quindi si è mostrato in un nuovo Inizio con la civiltà medievale e si è ritratto con la fase di secolarizzazione intuita da Nietzsche col suo annuncio “Dio è morto” e la descrizione dell’epoca del nichilismo. Io prospetto un futuro in cui il nichilismo che noi stiamo vivendo lascerà il posto a un nuovo disvelarsi dell’Essere che possa propiziare un’armonia tra la visione tecno-scientifica del mondo e la spiritualità eterna così come essa si manifesta ad esempio nella civiltà dell’India.
Quindi tu sostieni siamo alla vigilia di una nuova aurora di civiltà e la barbarie dei nostri giorni è forse quella che caratterizza la fase di interregno tra un ciclo e l’altro?
Esattamente, lo sostengo fondandomi sulle profonde intuizioni di pensatori come Heidegger e Spengler.
In questo discorso si inserisce il tuo libro pubblicato da poco “Europa Nostra”, che è un sostanzialmente un romanzo distopico che descrive una situazione di crisi, di frattura del nostro tempo.
Sì, come hai detto giustamente, Europa Nostra è un romanzo distopico. Nello scriverlo mi sono ispirato a romanzi illustri come 1984 di Orwell. Descrivo l’esito a cui arriva una civiltà spinta da catastrofi ambientali e sociali, provocate dall’uso smodato delle fonti energetiche e dagli eccessi tipici delle società industriali. Questa catastrofe riconduce le nazioni europee a uno stile di vita preindustriale, ad eccezione di una che io identifico con l’Inghilterra che essendo sottoposta ad una dominazione araba continua a esprimere le caratteristiche di una società industriale, ma in maniera sempre più coatta e distopica. Io denomino questa civiltà anglo-araba come “Cartagine” legando alla rievocazione di quella antica potenza punica l’immagine di una società priva di libertà autentica in cui la robotizzazione e le ibridazioni hanno umiliato e impigrito il carattere degli uomini. Al contrario, gli uomini delle tribù europee sembrano aver riscoperto i valori umani fondamentali, a partire da quelli legati al sacrificio eroico.
Come va a finire?
Va a finire che i due personaggi Frederick e Persefone scoprono l’illusorietà del paradiso artificiale in cui sono immersi: dalla consapevolezza di questa illusione si alimenta la rivolta degli Europei contro questa potenza mondialista, “Cartagine”, che sostanzialmente li tiene in soggezione. Da questo scontro tra una società meccanizzata e uomini che riscoprono la loro libera volontà nasce una nuova Europa, più simile all’archetipo romano di civiltà e basata su una sintesi tra ethos classico e moderne conoscenze tecnoscientifiche.
Una visione di tipo archeofuturista?
Nella trama del romanzo è implicita una critica alla tecnologia così come la stiamo adoperando, ma anche la proposta di un utilizzo etico della tecnica come strumento di una civiltà che sappia sintetizzare spiritualità e scienza, dove ad esempio – volendo esprimerci con una immagine – in un grattacielo avveniristico un asceta buddhista possa immergersi in meditazione.
Anche perché se gli Anglo-Arabi usano le bombe atomiche e gli Europei si difendono solo con la volontà la vedo brutta… In questo mondo ostico un po’ di tecnologia bisogna masticarla!
Nello sviluppo della trama, questa società distopica occidentale pur essendo sovraccarica di tecnologia perde il controllo su di essa, avendo demandato la gestione ai robot stessi. Al contrario gli Europei riescono a riprogrammare gli automi e a utilizzarli nella lotta contro l’oligarchia capitalistica occidentale, per cui una società meccanicistica viene sopraffatta dal suo stesso modello di sviluppo.
Come Schopenhauer, anche tu ritieni che l’India possa svolgere una funzione ispiratrice nei confronti dell’Europa? È questo che ti ha spinto a tradurre i Purana indù?
Sì, è di prossima pubblicazione la mia traduzione del VI libro dei Vishnu Purana, un classico della spiritualità indiana il cui tema centrale è il rapporto tra l’anima individuale e Vishnu, la divinità che nei Purana, esprime l’Assoluto. In particolare il VI libro tratta l’argomento specifico del Kaly Yuga, l’età oscura.
E cosa dice un testo del secondo secolo avanti Cristo sull’età oscura?
La descrizione del Kali Yuga da parte del maestro interrogato dai suoi tre discepoli, è suggestiva: si accenna a crisi economiche, a crisi nei rapporti tra i sessi, alla decadenza dell’ordine familiare, alla mescolanza di caste e popoli. Vengono additate tematiche che per noi sono all’ordine del giorno.
Viene anche indicata una luce nell’età oscura? Un possibile risvolto positivo e realizzativo?
Il Kali Yuga si configura come un’epoca di prova, che lascia il maestro sereno. Egli sa che il tempo della decadenza è anche caratterizzato da una intrinseca fuggevolezza e che se l’illuminazione delle menti si diffondesse il Kaly Yuga verrebbe superato dall’interno. È solo alla mente condizionata, che si lascia travolgere dagli eventi esterni, che l’età oscura appare ineluttabile e interminabile. Nella conclusione del libro sono significative le convergenze tra la dottrina che in essa si esprime e le concezioni neoplatoniche sull’unità dell’anima con l’Uno.
Prossime attività culturali?
Ho intenzione di tradurre organicamente i Vishnu Purana, quindi gradualmente anche gli altri cinque libri che lo compongono. Inoltre ho in programma un nuovo saggio in cui esporre la mia idea personale di comunità, “Heimat”, come alternativa alle grandi metropoli urbane industriali e un altro che affronta un tema delicato: le persecuzioni a cui rischiano di essere soggetti i bianchi nello stesso Occidente.
Quali sono i tuoi principali punti di riferimento?
Tra gli antichi soprattutto Platone e Shankara. Tra i moderni il filone di filosofia tedesca che va da Schopenhauer e Nietzsche ad Heidegger.
In questa scelta di autori è implicita una tua riflessione sul tema della crisi dell’Occidente?
Per me la chiave della rinascita dell’Occidente consiste in un uso etico della tecnica, appunto secondo le intuizioni di Heidegger; tale rinnovato utilizzo aprirebbe le porte a una sintesi di civiltà tra la moderna società tecnologica europea e la spiritualità non solo dell’induismo, ma anche del buddhismo. Penso che autori come Fritjof Capra o imprenditori “visionari” come Elon Musk, che vuole mandare l’uomo su Marte, siano i pionieri di questa sintesi.
Alfonso Piscitelli