ALLA CONQUISTA DELL’EUROPA CON LA FEDE E I PETROLDOLLARI Intervista di Luca Steinmann a Stefano Piazza autore di “Allarme Europa, il fondamentalismo islamico nella nostra società”.
“Allarme Europa, il fondamentalismo islamico nella nostra società” è un libro recentemente dato alle stampe e scritto da Stefano Piazza, in collaborazione con il giornalista svizzero Osvaldo Migotto. Più di un libro si tratta di un viaggio all’interno del radicalismo islamico europeo. Piazza sostiene che oggi il Vecchio Continente sia vittima di un progetto profondo e pianificato di conquista perpetrato da parte di alcune famiglie islamiche provenienti dall’Arabia saudita, dal Qatar, dalla Turchia e dal Kuwait. Corredando le ricerche con dati e numeri che fanno emergere la mole di investimenti in Europa provenienti da questi Paesi, nel libro emerge come molti regimi mediorientali ambiscano oggi a incidere direttamente sui processi politici e decisionali europei e che vogliano utilizzare l’immigrazione di massa come strumento di pressione nei confronti delle democrazie occidentali. Se non ci sarà alcuna reazione da parte dei cittadini europei, sia musulmani che non, “l’Europa sarà destinata alla sottomissione”.
Stefano Piazza, che cosa si intende per islamizzazione dell’Europa?
L’islamizzazione è oggi il più grande pericolo per l’Europa. Essa consiste in una serie di finanziamenti opachi provenienti da alcuni attori ben identificabili volti a costruire in Europa grandi moschee e ad impiantarvi gruppi di islamici radicale. E’ un processo in corso da trent’anni che ultimamente sta crescendo a dismisura e che coinvolge tutti i Paesi dell’Europa occidentale, soprattutto Olanda, Belgio, Francia, Germania, Svezia, Inghilterra e Italia. Tutto ebbe inizio nel 1973, quando l’OPEC (Organization of the Petroleum Exporting Countries ) chiuse l’esportazione del petrolio ai Paesi occidentali come ritorsione alla guerra del Kippur contro Israele, scaturendo così una profonda crisi petrolifera. La famiglia reale saudita, allora, sfruttò l’occasione e propose al Belgio l’esportazione di petrolio a prezzi molto convenienti in cambio dell’apertura di una grande moschea a Bruxelles che fosse direttamente sotto il proprio controllo. Il governo belga accettò e concesse a titolo gratuito uno spazio al governo saudita che divenne la Grande Moschea, alla quale iniziarono a fare riferimento molte delle migliaia di immigrati musulmani che in quegli anni migravano per lavorare nelle miniere locali. Le conseguenze politiche furono immediate. Nel 1974 il Belgio fu il primo Paese europeo a riconoscere l’Islam come religione ufficiale che dal 1975 iniziò ad essere insegnato nelle scuole. Da allora fino a pochi anni fa il governo belga ha sempre accettato tutte le richieste dell’Arabia Saudita, permettendo così che l’Islam belga venisse egemonizzato da una visione wahabita radicale. Da allora fino ad oggi i sauditi stanno investendo in tutta Europa per diffondere questa visione dell’Islam, che stanno radicando in tutto il continente.
Chi sono i principali attori che mettono in atto questa strategia?
Sono dei governi di alcuni Paesi. In primis l’Arabia Saudita, il Qatar, il Kuwait e la Turchia. Questi Paesi, oltre a finanziare, si occupano della formazione degli imam e dei leader musulmani che poi mandano in Europa a diffondere la propria visione dell’Islam. Ciò è evidente a partire dagli anni 90 con lo scoppio della guerra nei Balcani, dove arrivarono una serie di onlus islamiche finanziate dai suddetti Paesi, in particolare da quelli del Golfo, che fondarono moschee e associazioni culturali volte a reclutare giovani locali da portare in Arabia per farli studiare come imam e poi farli tornare indietro a predicare quanto appreso. Questa strategia è oggi in piena fase attuativa, soprattutto nei Paesi europei ad alta presenza islamica, dove le organizzazioni sponsorizzate e finanziate da questi attori tentano di porsi come punto di riferimento organizzativo, politico e spirituale per le persone musulmane. Diventando così degli attori politici sempre più influenti nelle diverse scene nazionali.
Tutto ciò sta avvenendo anche in Italia?
Assolutamente sì. Solo negli ultimi 3 anni la Qatar Charity Foundation, emanazione del governo qatarino, ha investito in Italia 25 milioni di euro in un’operazione chiamata “Pioggia abbondante”. Questa operazione è una sorta di piano Marshall islamico per l’Europa che coinvolge tanti Paesi e che in Italia ha visto l’investimento di milioni provenienti direttamente dal fondo sovrano del Qatar nell’acquisto di tantissime strutture, in particolare dei nuovi grattacieli costruiti a Milano. Recentemente, poi, un rappresentante del governo del Qatar è venuto in Italia e, accompagnato da un rappresentante dell’Unione delle Comunità Islamiche d’Italia (UCOI), ha girato tutto il Paese per acquistare immobili e finanziare la costruzione di 40 moschee.
A quanto Lei racconta questi finanziatori hanno l’appoggio di organizzazioni di musulmani europei attivi nei diversi contesti nazionali. Quanta indipendenza hanno queste organizzazioni dai finanziatori?
Molte di loro sono il punto di riferimento dei propri finanziatori sul territorio in cui agiscono. In Germania è molto forte l’associazione di Milli Gorus, che fa riferimento a Erdogan e mobilita in suo favore i cittadini turchi che vivono in terra tedesca. In Italia l’UCOI è il primo beneficiario di questi finanziamenti. La famiglia Piccardo, che anima questa organizzazione, funge da primo punto di riferimento sul territorio per il Qatar e per i Fratelli Musulmani, che sono la faccia politica di un’interpretazione integrale dell’Islam promossa in Europa soprattutto da Turchia e Qatar. Tale organizzazione è attiva in tutta Europa e incide molto in Gran Bretagna e Francia, dove per esempio in Costa Azzurra sono state aperte tantissime loro moschee.
Qual è l’obiettivo finale dell’importazione in Europa di questo tipo di Islam?
Esso è la conquista dell’Europa da parte di alcune ben identificabili famiglie arabe facendo leva sull’aspetto politico, spirituale e personale dei credenti. Quella in atto è una conquista sia teologica che politica. Da una parte puntano a egemonizzare l’Islam europeo facendo deragliare quello moderato, dall’altra a far pesare il proprio ruolo politico nei diversi contesti nazionali. Tutto ciò passa attraverso il controllo di intere fette dell’economia europea. Esse stanno infatti rilevando compagnie aeree, immobili e squadre di calcio per un enorme volume di affari.
Egemonizzando le comunità musulmane europee queste famiglie potrebbero incidere sui loro voti, influenzando quindi il processo democratico e rivendicando la propria sovranità politica sull’Europa. E’ quanto sta già avvenendo?
Certamente. Il regime più attivo in questo senso è stato finora quello turco. Erdogan, infatti, rivendica la propria sovranità in Germania, dove vuole determinare i percorsi politici. In Germania vivono oggi circa 3 milioni di turchi le cui comunità inizialmente non erano particolarmente protratte verso un Islam radicale. Tramite una serie di mosse e di messaggi, però, Erdogan è riuscito a far crescere in loro un forte sentimento nazionale mischiato alla fede religiosa. I risultati sono straordinari. Dopo il golpe turco nel luglio del 2016 scesero in piazza un milione di turchi-tedeschi per manifestare il sostegno al proprio presidente. In questo modo Erdogan diventa direttamente un protagonista della vita politica tedesca facendo leva sulle organizzazioni turche-tedesche e su molti imam che in realtà sono sue spie.
In passato Erdogan ha già utilizzato i migranti come strumento di ricatto verso le decisioni de Germania e Ue. Potrebbe l’immigrazione essere uno strumento di pressione per rivendicare la partecipazione alla vita politica europea?
Assolutamente sì. Nel solo 2015 la Germania ha importato un milione e 200mila migranti. Bisogna sperare che lo Stato sociale tedesco tenga, altrimenti queste persone rischiano di uscire dal controllo delle autorità nazionali e rischiare di essere reclutate dalle organizzazioni islamiste radicali già attive sul territorio. Diverse di queste si presentano oggi già nei centri di accoglienza a regalare coperte, copie del Corano e giocattoli ai bambini. La Germania, poi, ha un enorme problema demografico. I nuovi tedeschi provengono dall’immigrazione, spesso musulmana, pertanto il futuro tedesco è musulmano. In assenza di uno Stato forte il rischio che ciò si traduca in una presenza molto più forte da parte dei finanziatori di cui abbiamo detto è molto concreta.
Esistono delle forme di resistenza nei confronti di tutto ciò provenienti dal mondo islamico?
Esistono, lo è per esempio il Forum per l’Islam progressista in Svizzera . Queste iniziative sono però isolate e fortemente minoritarie al’interno delle comunità islamiche. In pochi si ribellano, la maggioranza si adegua per paura o per adesione, risultando in entrambi i casi come complice. Tra i musulmani che combattono le famiglie finanziatrici va ricordato l’Islam sciita, in particolare l’Iran, che da decenni combatte l’Arabia Saudita. Il governo iraniano ha mostrato di essere molto più responsabile di quello saudita, anche se certo non è un esempio di democrazia.
Come si può fare per contrastare questo fenomeno di colonizzazione dell’Europa da parte di queste famiglie?
Sarebbe necessaria una reazione da parte della classe politica. Prima ancora, però è indispensabile una presa di distanze netta da parte delle comunità musulmane. Le Brigate Rosse vennero sconfitte quando la parte ideologica della sinistra che in un primo momento le aveva tollerate, chiamandoli “compagni che sbagliano”, le abbandonò. Perse le fabbriche non ebbero più alcun appoggio dottrinale. Fin quando non ci sarà una mobilitazione vera da parte degli islamici europei siamo destinati alla sottomissione.
Luca Steinmann
Per gentile concessione del quotidiano “La Verità”