UN SEMINARIO DI STUDI A NAPOLI SU GERMANIA E RUSSIA, MA ANCHE SULLE OPPORTUNITÀ (MANCATE) DALL’ITALIA
Pubblicato · AggiornatoLa “relazione complicata” tra Germania e Russia è una delle chiavi per interpretare il passato del nostro continente e cercare di decifrarne il futuro. Il discorso riguarda da vicino anche il nostro paese, dal momento che la complementarietà con il polo mitteleuropeo e la posizione della penisola come “porta d’Oriente” aperta ad una prospettiva di integrazione con l’Eurasia, ci inducono ad interrogarci su quale sia la strategia più efficace per rendere di nuovo protagonista l’Italia nel Mediterraneo e in Europa.
Davvero opportuna è stata allora l’iniziativa promossa dall’Istituto di Cultura meridionale d’intesa con l’Ordine dei Giornalisti della Campania: un seminario di formazione per operatori dell’informazione che ha avuto come testo base il saggio “GeRussia” (Edizioni Castelvecchi) di Salvatore Santangelo.
Nell’introdurre il convegno l’avvocato Gennaro Famiglietti, presidente dell’Istituto di Cultura Meridionale e segretario della Federazione dei Consoli ha sottolineato appunto la funzione di mediazione dell’Italia nel concerto europeo delle nazioni. Una funzione che a maggior ragione si rivela significativa oggi per superare gli attriti e le reciproche diffidenze che hanno raggiunto una soglia significativa dopo l’esplodere della crisi ucraina: “il nostro paese – nota Famiglietti – ha dimostrato di avere la possibilità di assolvere a questo ruolo, con il suo tradizionale spirito di mediazione e di tolleranza”.
“È realistico oggi riconoscere – ha osservato Mimmo Falco, vicepresidente dell’Ordine dei Giornalisti della Campania – il ruolo di primo piano che la Russia ha riconquistato nello scenario internazionale, per effetto di una ripresa economica che ha avuto nel settore energetico il suo traino”. La sfida è quella di concepire una Unione Europa che sappia trovare il giusto equilibrio con il vicino russo, riprendendo il sentiero di una cooperazione continentale che, per certi aspetti, sembra essersi interrotto dopo la crisi ucraina.
Inutile negare che la Germania svolga, nel bene e nel male, un ruolo direttivo nel contesto della UE ed è per questo è interessante indagare, anche alla luce dei trascorsi storici, la complessa relazione russo- tedesca. Alessandro Sansoni, moderatore del convegno, ha ricordato come la storia tra le due potenze non sia stata solo segnata da drammatici conflitti: “Nel corso dell’Ottocento, il cancelliere Bismarck si pose il problema di un confronto pacifico con l’Impero Russo, soprattutto al fine di evitare la saldatura tra la Russia e la Francia. In questo contesto nacque la Lega dei Tre Imperatori. Successivamente il kaiser Guglielmo II, in nome di una politica estera più espansionistica, ma anche più azzardata, infranse l’equilibrio diplomatico realizzato dal cancelliere artefice dell’unificazione e causò indirettamente il formarsi della Triplice Intesa Inghilterra-Francia-Russia che determinò l’accerchiamento della potenza tedesca”. L’efficace excursus di Sansoni dimostra come le pulsioni antagoniste tra Germania e Russia alla fine hanno avuto una ricaduta tragica sulla storia del continente; viceversa il rilancio di una sana “Ostpolitik” può determinare una nuova stagione di protagonismo per il continente europeo. Sulla scia di queste considerazioni si è inserita anche la riflessione di chi scrive, volta a sottolineare l’identità complessa della Russia, nazione-ponte tra Europa ed Asia, capace di sintetizzare valori tradizionali e prospettive “futuriste” di sviluppo tecno-scientifico.
L’analisi delle dinamiche storiche diventa prospettiva geopolitica nella relazione conclusiva di Salvatore Santangelo: l’autore di “GeRussia” ricorda come Germania e Russia – nelle loro precedenti “incarnazioni politiche” di III Reich e URSS – abbiano ingaggiato il conflitto più drammatico che la storia ricordi. L’operazione Barbarossa scatenata da Hitler nell’estate del 1941 ha causato 30 milioni di morti nella popolazione russa. La Russia pur vincitrice nel conflitto ha vissuto a lungo le conseguenze di quella ferita storica, anche in termini demografici: un “lungo inverno demografico” che ha ridotto le potenzialità di una nazione che nei decenni precedenti si era proiettata ai vertici della cultura e della scienza. “Non a caso – nota Santangelo – uno dei consigli fondamentali dati da Solgenitsin a Putin fu quello di sviluppare politiche efficaci per incoraggiare la natalità”. Tuttavia nonostante questi tragici trascorsi il mondo germanico e quello russo ricominciano a interagire e non solo perché la parte Est del dissolto Reich ricadeva nella sfera di influenza sovietica: “Negli anni ’80 Germania Ovest e URSS cominciavano a sviluppare il progetto di un gasdotto che facesse fluire in Europa Occidentale le fonti di energia russe. La presidenza Reagan reagì con determinazione a quella che appariva una prospettiva assolutamente dannosa per l’interesse americano con un embargo tecnologico alla potenza antagonista”. Al crollo del comunismo sembrava che la Russia dovesse diventare una potenza satellite dell’emisfero liberalcapitalista occidentale. Santangelo nota come gli anni Novanta furono anni drammatici, con una impennata della mortalità infantile e una significativa riduzione dell’aspettativa di vita. Se oggi la Russia ha un volto diverso il merito è fondamentalmente di Putin: “Putin ha evitato che la Russia cadesse in una deriva simile a quella della Germania di Weimar. E i politici dell’area UE dovrebbero comprendere le conseguenze negative dalle crisi che è stata provocata con il Maidan in Ucraina e il successivo regime delle sanzioni”.
“Con l’imposizione delle sanzioni, fortemente volute dalla Germania, la Russia non è stata in un certo senso “strappata” all’Italia, impedendo lo sviluppo di una proficua interazione?” è il quesito interessante che è stato posto nel dibattito conclusivo da Gianfranco Vestuto, direttore dell’Agenzia Russia news. “Per effetto delle sanzioni – ha risposto Salvatore Santangelo – l’Italia ha perso un volume di affari pari a 5 miliardi di euro. Più in generale l’Italia ha subito negli ultimi anni un declassamento che è il frutto di una mancata consapevolezza del nostro interesse nazionale. Una potenza manifatturiera come la nostra ha bisogno di energia e nel corso di pochi anni l’Italia ha perso il suo rapporto privilegiato con la Libia e, dopo l’affare Regeni, vede compromessa anche l’interazione con l’Egitto. In questo contesto l’accantonamento del progetto South Stream proprio quando i Tedeschi raddoppiano il Nord Stream rischia di avere conseguenze gravi. Eppure l’Italia, posta al centro del Mediterraneo, poteva essere il punto di snodo dell’energia e il punto di passaggio verso occidente delle interazioni che si sviluppano sulla moderna Via della Seta. Anche in questo campo la politica italiana ha perso occasioni straordinarie, mentre altri (Germania in primis) si sono avvantaggiate”. La Germania, che da un lato ha premuto per mettere sotto pressione la presidenza Putin, dall’altra con straordinario pragmatismo ha saputo sfruttare a fondo i canali di interazione energetica con la Russia, fino a proporsi come principale “broker” di gas e petrolio che provengono dall’immenso retroterra siberiano. L’Italia ha aderito al regime delle sanzioni senza eccessivo senso critico, pagando rilevanti conseguenze.
La diagnosi di Santangelo, non cupa, ma sicuramente realistica, ci spinge a riflettere su quelle che sono le straordinarie potenzialità del sistema-paese italiano, ma anche sulla necessità di una maggiore consapevolezza di quello che è il nostro interesse strategico. Un interesse che prevede anche una decisa rivalutazione della priorità dell’interazione con la Russia.
Alfonso Piscitelli